Note
storiografiche e ipotesi sulle origini del culto mariano a Laurignano
In una recente monografia sulla storia di Laurignano in età medievale
e moderna[1], con l'ausilio di fonti documentarie mai pubblicate prima e
ignote alla storiografia locale (Registri parrocchiali di S. Oliverio[2]
e atti notarili rogati a Cosenza nel tardo Cinquecento), abbiamo
contribuito a gettare un fascio di luce sul culto mariano nel territorio
di Laurignano durante un periodo – fine XVI e metà del XIX secolo –
considerato da sempre avaro di testimonianze e, per quanto concerne
l'argomento trattato, quasi interamente avvolto nell'oscurità.
In questo arco di tempo la devozione alla Vergine Maria, venerata con il
titolo dell'Assunta, ha rappresentato il segno più appariscente e
profondo del variegato panorama cultuale laurignanese e delle zone
contermini. Anche l'attuale Santuario-Basilica ha conservato il titolo
dell'Assunta[3], dopo che il frate grimaldese Benedetto Falcone, intorno
alla metà del XIX secolo[4], ne cambiò l'appellativo liturgico
originario (Maria SS.ma della Catena).
Ma quali vicissitudini hanno scandito il culto di Maria nei secoli
precedenti? Chi lo ha introdotto nel territorio laurignanese e con quale
titolo? A quale epoca risale la sua origine? Una risposta esaustiva a
questi interrogativi, in assenza di prove certe, è quanto mai
problematica.
La leggenda del culto di Maria con il titolo della Catena è stata
raccolta dal Padula in una breve memoria (Storia della portentosa
Immagine di nostra Donna Maria della Catena nell'Eremitaggio di
Laurignano nell'Arcidiocesi di Cosenza)[5], data alle stampe sul finire
del XIX secolo. A tutt'oggi, la narrazione del letterato acrese
rappresenta una sorta di pietra angolare su cui si è fondata e
perpetuata nel tempo questa pia tradizione. L'autore avrebbe attinto le
notizie da un manoscritto, «che disgraziatamente è andato perduto»[6],
secondo il quale la devotio laurignanese rimonterebbe al 1301[7].
Nella versione paduliana, però, manca «la luce della storia»[8]. In essa
sono presenti tutti quegli elementi – visioni e apparizioni prodigiose,
rinvenimenti miracolosi, odigitrie/achiropite venute da lontano, ecc. –
strettamente connessi con la devozione popolare e con il «si è sempre
detto»[9], ma che non poggiano su nulla di storicamente solido e che
sono all'origine di una miriade di culti mariani sviluppatisi nel
tormentato Medioevo calabrese.
Muovendo dal racconto del dotto sacerdote di Acri altri autori hanno
avanzato ipotesi sulle origini di questo culto a Laurignano[10]. Nessuno
di essi, però, ha potuto squarciare il velo che ne avvolge i primordi,
riproponendo per lo più fonti poco probative, originate tutte dalla
stessa matrice leggendaria.
Padre Francesco Russo, profondo conoscitore della storia ecclesiastica
della regione, autore del monumentale Regesto Vaticano per la Calabria,
ha scritto che le vicende del monastero di S. Maria dei Martiri, in
Mendicino, sono legate all'origine del Santuario della Madonna della
Catena di Laurignano[11] e che i Florensi mendicinesi intensificarono
«la propaganda per il culto alla Madonna della Catena di Laurignano, da
cui distavano soli 9 Km. Si deve specialmente ad uno di essi, di nome
Arcangelo, se nel 1351 il vetusto quadro della Vergine, custodito dagli
Eremiti di Dipignano, fu portato a Roma e restaurato. Ritornato dopo
fortunose vicende, polarizzò la devozione del popolo, trasformandosi in
breve in un centro di attrazione di primo piano»[12]. Le affermazioni
del Russo, però, non dirimono i dubbi che gravano sull'argomento[13]. Lo
stesso autore, del resto, nella sua pregnante indagine proprio sulle
fondazioni Florensi in Calabria, non fa alcun riferimento ai rapporti
tra il monastero di Mendicino e Laurignano[14]. Come già sottolineato,
non vi è traccia di questa vicenda neppure in Cipriano Baraut, autore
del saggio Per la storia dei monasteri Florensi, pubblicato sulla
rivista «Benedictina», nel 1950[15].
Nei documenti Florensi pubblicati da Pietro De Leo nel Codice
diplomatico della Calabria, si fa riferimento ad un certo Ugolottam de
Lauriniano, un funzionario regio chiamato insieme ad altri a verificare
la consistenza di un tenimento in località Berano di Mendicino, concesso
da Federico II al monastero florense di S. Giovanni in Fiore, agli inizi
del XIII secolo[16]. Per il resto, nient'altro. Ciò detto è molto
probabile, come abbiamo osservato in precedenza, che i monaci Florensi
abbiano frequentato assiduamente il territorio laurignanese nel corso
dei secc. XIV e XV, influenzandone le dinamiche religiose e favorendone
la diffusione di numerosi culti.
Rocco Liberti, da parte sua, ha intravisto un legame tra la nascita del
culto della Madonna a Laurignano e le incursioni islamiche, che
minacciarono Cosenza e il suo circondario tra la fine del X e i primi
decenni dell'XI secolo. A proposito del culto della Madonna della Catena
nell'Italia meridionale egli ha scritto che questo è «fissato quasi
sempre in cappelle extra moenia», soprattutto nelle località nelle quali
infierirono maggiormente le scorrerie piratesche[17]. E Cosenza –
aggiunge lo studioso – «nel cui prossimo raggio ricade Laurignano, ebbe
a soffrire molti guai tra l'896 e il 1014 dai vari Ibrahim, Abu-l-Kasem
e Cayti Sati, che la sorpresero in più occasioni e la tennero in loro
potere»[18].
Come già sottolineato, riguardo alle origini del culto della Madonna nel
territorio di Laurignano, le notizie sin qui note si basano soprattutto
sulla tradizione orale e su documenti non controllabili. L'obiettivo che
ci prefiggiamo in questa sede è quello ribadire gli aspetti ormai
portati alla luce e documentati (secc. XVI-XIX), senza tralasciare di
delineare un'inquadratura storica in seno alla quale il culto potrebbe
essere sbocciato per poi radicarsi tenacemente nella pietà popolare del
circondario e nell'immaginario religioso dei Laurignanesi.
Partiamo dalle notizie sicure.
Il titolo dell'Assunta – Nella devozione mariana laurignanese
l'appellativo più antico di cui si hanno notizie certe è quello
dell'Assunta. Nel libro delle Sacre Visite del 1684 risulta annotata la
«Ecclesiae Assumptionis B.M.V. extra Parochiali»[19], segnalata da padre
Marcello Spagnolo come «cappella»[20]. Esisteva però già da prima, come
lascia supporre una data (1557?) appena leggibile sullo stesso
documento. Lo stesso padre Marcello ci segnala una statua lignea
dell'Assunta e un incensiere d'argento, recante un chiaro riferimento
all'Assunta, provenienti dalla citata «cappella»[21]. Ulteriori conferme
di questo culto ci giungono da altre attestazioni. Il Romitorio
dell'Assunta ricorre frequentemente nei Registri parrocchiali di S.
Oliverio. Il Liber Emortualium, in particolare, ci ragguaglia
puntualmente su decessi avvenuti nella zona del Romitorio o della chiesa
dedicato all'Assunta. A titolo di esempio valgano le annotazioni del
parroco don Paolo Cozza, il quale, nel 1773, registrò la morte di
Domenico Santelli avvenuta «in loco solite sue habitationis vulgo dicto
il Romitorio di Santa Marie de l'Assunta», e di Serafino Guzzo, «in
ecclesiae rurali sub titolo S. Mariae Assumptionis, vulgo il Romitorio
de la Stocta»[22]. Giova ricordare che il Romitorio di S. Maria Assunta
della Stozza venne fondato ex-novo o forse ampliato – con la stessa
insegna liturgica – dai Conventuali Francescani di Castrovillari, nel
1591[23]. L'attestazione della confraternita dell'Assunta, presente a
Laurignano nel 1628, è una ulteriore conferma del forte radicamento di
questo culto in loco[24]. La persistenza di questo appellativo nella
tradizione cultuale laurignanese è una conferma al fatto che esso
affonda le radici in tempi remoti, tramandandosi ininterrottamente sino
ai giorni nostri.
Il giorno celebrativo – Il 15 agosto, «mecto augusto», si celebra la
festa estiva della Madonna dell'Assunta, una ricorrenza rimasta
invariata nei secoli. Un atto notarile rogato a Cosenza dal notaio
Maugeri nel 1591, ci dà notizia della chiesa di S. Maria di «mecto
augusto» posta nel territorio di Laurignano «loco ditto la Stocta»,
confinante con una proprietà di Domenico De Florio e con la «via publica»[25].
Un secondo documento rogato nel 1590 dal notaio Del Giudice, ci informa
di un lascito di due ducati di decima a «S.ta Maria di mecto augusto de
Laurignano» da parte del possidente Marcantonio De Anselmo[26]. Nei
Registri parrocchiali di S. Oliverio, tra la seconda metà del '600 e per
tutto il '700, il giorno dedicato all'Assunta è tra i più ricorrenti –
insieme alla Circoncisione e alla Natività – per quanto riguarda le «tre
canoniche monizioni» che i parroci fissavano prima del matrimonio. Il
giorno celebrativo (15 agosto) in onore della Madre di Dio – in Oriente
la Pasqua di Maria – è un indizio assai significativo del fatto che il
culto di Maria con il titolo dell'Assunta sia quello più antico e
radicato a Laurignano. «La mai abbandonata data della festa estiva della
Madonna della Catena proprio in quella data»[27] ne è una conferma.
La cristianizzazione dello spazio rurale. Il toponimo S. Maria - «Il
radicamento del cristianesimo in quasi tutta l’Europa occidentale e
centrale – ha ben notato Jacques Le Goff – si accompagnò a profondi
cambiamenti nella toponimia. Battezzare i luoghi fu altrettanto
importante che battezzare gli uomini. Una rete di toponimi cristiani,
spesso legati al pellegrinaggio, segnò la cristianità con la propria
impronta»[28]. La Vergine Maria beneficiò, dall’XI secolo, di un gran
numero di pellegrinaggi suscitati dallo straordinario sviluppo del culto
mariano[29]. A Laurignano e in quasi tutte le campagne, in mancanza di
reliquie ricche e magnifiche, il problema della sacralizzazione dello
spazio si poneva in termini e in forme diverse. Una delle più evidenti
fu la costruzione di numerosi piccoli monumenti o edicole, dove strade o
sentieri s'incrociavano e dove le processioni si fermavano prima di
raggiungere la chiesa. Ancora oggi, per esempio, a Laurignano, la
tradizione di recarsi in processione fino all'antico e decentrato
romitorio di S. Maria Stozza è viva più che mai.
La denominazione toponomastica di Santa Maria, «da sempre nota a tutta
la zona sotto l'antico nucleo di Laurignano, dove la tradizione colloca
il primigenio culto mariano»[30], è documentata in un atto del notaio
Plantedi rogato a Cosenza nel 1590. Nella scheda è riportata «la cava di
S. Maria», a conferma dell'esistenza del toponimo già sul finire del XVI
secolo[31]. La località ha assunto tale denominazione per il radicamento
in loco del culto, legato alla presenza sul posto di una cappella o
edicola rurale, dedicata alla Vergine, non dissimile dalle tante
disseminate lungo le strade di campagna, che per secoli hanno offerto ai
viandanti un richiamo alla fede. «La cona de la via de Tesano»[32],
infatti, è attestata in un documento del 1590, collocata come
consuetudine lungo un'arteria di transito, nella fattispecie la «via
publica» ricorrente nelle documentazione del Cinquecento, che si snodava
ai piedi del crinale fino a raggiungere Tessano e oltre.
La presenza nella località S. Maria di una «cona», rappresentava un modo
per la Chiesa di sacralizzare e cristianizzare lo spazio o la
sopravvivenza di tradizioni cultuali anteriori, come potrebbe suggerire
la sua collocazione in prossimità di una fonte, la cui virtù
taumaturgica si riteneva fosse quella di guarire le malattie degli
occhi. La leggenda narra che anche la devotio mariana laurignanese, nel
1301, ebbe origine a seguito della guarigione miracolosa del mendico
cieco Simone Adami, il quale riacquistò la vista dopo essersi lavato
nella fonte indicatagli dalla Madonna. Questi «tempietti» della fede
erano piccoli edifici votivi eretti nelle campagne e dedicati alla
Vergine. Costituivano un'espressione tra le più pregnanti della
religiosità locale, ed avevano anche una funzione apotropaica, cioè la
forza di allontanare i pericoli che minacciavano l'abitato, come ben
testimoniato dalla loro dedica a Santa Maria «delle Grazie», «della
Sanità», attestate nel territorio di Laurignano tra il XVI e il XIX
secolo.
La primitiva icona e, successivamente, il monasterium fondato o ampliato
dai Francescani, intitolato all'Assunta, dovettero attrarre i devoti del
circondario, nonché fungere da meta di pellegrinaggio per quanti
transitavano lungo la vicinissima via Popilia[33]. Non è un caso che il
primo sito mariano laurignanese coincida con un'area di secolare
frequentazione antropica e molto prossima alla consolare romana. L'icona
della Vergine, molto probabilmente era venerata dai Laurignanesi e dai
fedeli del circondario nei paraggi dove ancora oggi insiste la chiesetta
di S. Maria, nella zona appunto denominata S. Maria Stozza. Del resto,
«il sacro ha una sua collocazione permanente e originale in un solo
luogo – scrive Vito Teti – (...) Tale esclusività rappresenta un forte
elemento di identificazione per le persone del luogo, che stabiliscono
un patto di "fedeltà" con la Madre di Dio (...) Un’effige non può essere
spostata: il luogo sarebbe distrutto, perderebbe la propria sacralità.
Soltanto la riproduzione dell'immagine o della statua può essere
spostata, come avviene, nelle case, nelle botteghe, nel luoghi di
lavoro. In viaggio (...), nelle cone, lungo le strade, i crocicchi, le
vie processionali e gli itinerari dei pellegrini: vengono realizzate
così una propiziazione dei luoghi e una riorganizzazione degli spazi,
interni o esterni, distanti dal "centro" (la chiesa, il santuario) dove
è custodita l'immagine o la statua»[34].
L'iconografia – Riferendosi alle fonti sul culto della Madonna a
Laurignano, padre De Monte scrive che «documento è lo stesso titolo
della venerata icona, oltre a qualche altra immagine o rappresentazione
iconografica, conservate nel Santuario»[35]. Le prime rappresentazioni
iconografiche dell'Assunta si registrarono nell'area bizantina,
attraverso il tema della Dormitio Virginis. La Madonna appariva
raffigurata nel letto di morte, con Cristo e gli apostoli disposti
attorno. Dopo il sec. XI si diffuse la raffigurazione della Vergine
sorretta nel cielo dagli angeli, che ebbe un notevole sviluppo tra il
Trecento e il Quattrocento. L'arte del Cinquecento e dei secoli
successivi adottò di solito la Vergine ascendente dalla terra al cielo,
circondata dagli angeli[36]. Anche l'attuale quadro della Madonna di
Laurignano dovette raffigurare originariamente l'Assunta.
Il benedettino olivetano don Mario Pinzuti, esecutore del restauro del
quadro, nel 1966, dopo averne esaminato i materiali utilizzati, ne ha
attribuito la paternità ad Andrea Sabbatini, detto da Salerno (XVI
sec.). Durante i lavori di restauro, con l'ausilio dei raggi X, è emersa
la sovrapposizione di due dipinti. Nella relazione del Pinzuti si legge:
«apparivano a forma di macchia grigiastra delle ombre di putti sopra la
testa della Madonna»[37]. É probabile che fossero putti reggicorona,
tipici delle raffigurazioni dell'Assunta, e che nello schema
iconografico presentassero delle assonanze proprio con i dipinti di
Andrea Sabbatini o Luca Giordano, scuola campana, le opere dei quali
segnarono indelebilmente la pittura della Calabria Citeriore del '500,
esaltando la mariologia caldeggiata intensamente dalla chiesa
posttridentina[38].
Anche il recente restauro di un S. Luigi, custodito nel Santuario di
Laurignano, ha portato alla luce un precedente dipinto forse
raffigurante l'Assunta. Questa particolare iconografia – che in passato
dovette essere ben accetta dalla committenza laurignanese – si iscrive
in una lineare quanto complessa iconologia, che richiama alla mente
forti connessioni con quella devozione cistercense che già nel Medioevo
si adoperò per unificare il tema iconografico tipicamente ortodosso
della Dormitio Virginis, con quello della sua Assunzione, appartenente
alla mariologia latina e cattolica. Nella Sambucina di Luzzi, per
esempio, a destra della navata centrale, si può ammirare un classico ed
originale dipinto che rappresenta l'Assunzione ed i dodici Apostoli.
Esso viene attribuito a Luca Giordano in quanto presenta assonanze con
lo stile pittorico del grande pittore campano[39].
Dopo aver accennato ai temi del culto laurignanese documentati dal XVI
secolo in poi (titolo liturgico, giorno celebrativo della festività,
toponimo e iconografia), cercheremo di delineare, in semplicità, il
contesto storico entro il quale potrebbe essere fiorita la devotio
mariana laurignanese, in attesa che fonti più probative chiariscano
definitivamente i punti oscuri che ne adombrano ancora oggi la verità
storica.
Dagli indizi a nostra disposizione riteniamo di poter ragionevolmente
avanzare le seguenti ipotesi: a) che il culto della Madonna in
territorio di Laurignano ebbe diffusione – se non addirittura origine –
tra il XII e il XIII secolo, favorito dall'avvento dei Normanni in Val
di Crati e da quel monachesimo latino – benedettino e cistercense, in un
primo momento, florense, in seguito – assai attivo nelle nostre
contrade; b) che l'icona votiva posta lungo il tracciato della via
Popilia, attestata in un atto notarile rogato sul finire del '500,
potrebbe aver dato origine al culto, alla denominazione toponomastica
della zona (S. Maria) e alla fondazione di un monasterium, poi
romitorio, con l'insegna liturgica dell'Assunta; c) che l'appellativo
dell'Assunta è quello più antico e, verosimilmente originario, con il
quale il culto di Maria fu introdotto nel territorio di Laurignano.
Vediamo di dare un fondamento storico a queste ipotesi.
L'epoca - Il culto vero e proprio riteniamo vada riferito alla fase di
espansione normanna in Val di Crati (seconda metà del XII secolo) e alla
conseguente "latinizzazione" della Chiesa, attuata con la
riorganizzazione delle diocesi e attraverso le numerose concessioni dei
principi normanni a favore di benedettini e cistercensi. Con l'arrivo
dei Normanni la piccola contrada di Laurignano cominciò ad assumere una
sua identità giuridica, con il Busento e lo Jassa che funsero da linea
confinaria naturale del territorio. La via Popilia, dal canto suo, fu
testimone di eventi militari, religiosi e civili di grande risonanza. Su
di essa transitarono eserciti, sovrani, pontefici, martiri, pellegrini,
reliquie di santi, monaci, mercanti, vagabondi, consentendo l'incontro
tra diverse culture, la circolazione di idee, fermenti religiosi e
cultuali, pratiche devozionali che hanno inevitabilmente influenzato la
vicenda storica di Laurignano[40]. Grazie a questa direttrice e alla
rete microviaria di adduzione ai luoghi di culto – stimolata dagli
stessi abati, dai vari procuratores e baiuli locorum – diventava agevole
per i monaci della Sambucina, della Matina (fondata lungo l'importante
arteria), ecc., muoversi da un posto all'altro e raggiungere le piccole
grancie sparse sul territorio e i mulini disseminati lungo il Busento e
lo Jassa, obbedienti alla casa madre o alle filiali di rango più
elevato. A tale proposito, è forse opportuno ricordare gli intensi
rapporti tra i possidenti laurignanesi (Orso, Arnone) con gli abati
delle badie cistercensi della Matina e di S. Angelo di Frigilo, nonché
la frequentazioni dei monaci della Val di Crati nelle nostre contrade.
L'appellativo dell'Assunta – Nello stesso periodo in cui i Normanni si
insediarono nel Mezzogiorno d'Italia, il culto della Madonna conobbe nei
confini della cristianità una diffusione mai conosciuta prima.
L'illustre medioevista Jacques Le Goff ha scritto in proposito: «Il
cristianesimo medievale è stato rivoluzionato dallo straordinario
sviluppo, tra l’XI e il XIII secolo, del culto mariano. Il culto della
Vergine Maria (...) si è sviluppato molto presto nel cristianesimo greco
ortodosso. E’ penetrato più lentamente nell’Occidente cristiano, dove
pure Maria era presente sin dall’alto Medioevo (...), ma fu solo a
partire dall’XI secolo che cominciò ad occupare un posto centrale nelle
credenze e nelle pratiche religiose dell’Occidente cristiano. Questo
culto è al centro della riforma della Chiesa tra la metà dell’XI e la
metà del XII secolo»[41]. In questo torno di tempo nell'Europa
Occidentale la maggior parte delle cattedrali cambiarono denominazione
per essere dedicate a Maria. Non a caso, i monaci provenienti dalla
Francia, suoi ferventi devoti, si insediarono o fondarono ex-novo i
monasteri della Sambucina (già di S. Maria della Requisita), S. Maria
della Matina, S. Maria di Acquaformosa, S. Maria di Corazzo, ecc., tutti
dedicati a Nostra Signora. Che l'appellativo dell'Assunta fosse diffuso
nelle abbazie che esercitarono la loro influenza nel territorio
laurignanese e che ospitarono l'abate Gioacchino – il quale si distinse
anche per «la devozione calda e fedele alla Madonna»[42] – ci è
attestato da una notevole quantità di riferimenti. Citiamo qualche
esempio. La Sambucina di Luzzi, fondata nel 1141, fu dedicata alla “Diva
dei Cieli” (l’Assunta) dai Cistercensi di Bernardo di Chiaravalle. Lo
stile cistercense si riscontra nella chiesa di S. Maria Assunta, in
Celico, edificata sulla stessa casa nativa di Gioacchino[43]. Agli inizi
del 1300 l'abate della Sambucina Andrea Nicherea ottenne dalle autorità
superiori la facoltà di istituire un mercato annuale nella piana di
Luzzi della durata di sette giorni a cominciare dalla festa della
Assunzione, cioè dal 15 al 22 agosto: «concedenter nundinae per septem
dies in festo S. Mariae de mense augusti»[44]. Non bisogna inoltre
dimenticare che la Vergine Maria è la protagonista della festa
dell'Assunzione (15 agosto), tra le più importanti del cristianesimo,
insieme alla Purificazione e all’Annunciazione. I testi di pietà
dedicati a Maria conobbero uno sviluppo straordinario a partire dal XII
secolo. La preghiera dedicata alla Vergine, l’Ave Maria, a partire dal
XII secolo venne promossa a uno statuto paragonabile a quello del Padre
nostro. La presenza quasi costante dell’Ave Maria nelle penitenze
inflitte ai peccatori dal 1215 nella confessione annuale, fece entrare
il culto mariano nella devozione di base dei cristiani[45].
Il periodo bizantino – Che il culto mariano sia potuto giungere a
Laurignano prima della conquista normanna (XI sec.), durante il periodo
bizantino, magari tramite i monaci italo-greci, lo riteniamo poco
credibile. Contrariamente al versante che dà sul Busento, ideale per
condurvi vita anacoretica, la parte del crinale che si affaccia sulla
vallata dello Jassa, in particolare la zona di S. Maria, risultava già
ampiamente frequentata, grazie alla presenza delle cave di tufo calcareo
e, nella parte più in basso, degli impianti per la produzione della
calce. Questa zona, inoltre, ricade nelle vicinanze del centro abitato e
della via Popilia, quindi inidonea al perseguimento dell'ideale ascetico
cui aspiravano ardentemente i monaci italo-greci. A ciò si aggiunga che
nell'intera area non vi sono vestigia di luoghi di culto rivolte a
Oriente, il che indicherebbe, oltre all'antichità del culto, la quasi
certa matrice greco-bizantina.
Conclusioni – Sulla scorta di quanto sin qui asserito, riteniamo di
poter ragionevolmente affermare quanto segue: a) l'origine del culto
mariano nel territorio di Laurignano, con il titolo liturgico
dell'Assunta, risale probabilmente al periodo posteriore all'avvento
normanno, quando fu riaffermata la supremazia della Chiesa romana e del
rito latino a scapito della Chiesa di Bisanzio e del rito greco. Con la
costruzione delle imponenti badie della Val di Crati – dedicate tutte
alla Madonna – e le cospicue concessioni di cui beneficiarono, i monaci
benedettini e cistercensi – come anche i florensi – cominciarono a
frequentare le nostre contrade, introducendovi culti e influenzandone le
dinamiche sociali, economiche, cultuali. I rapporti tra Laurignano e i
monasteri della Matina, di Corazzo, S. Angelo di Frigilo, come abbiamo
visto, erano all'epoca assai intensi; b) in questo stesso periodo, il
culto della Madonna ricevette nell'Occidente cristiano un notevole
impulso, divenendo un momento centrale nella religiosità e devozione
popolare dei fedeli; c) il toponimo S. Maria, molto probabilmente deriva
dalla presenza in loco del culto e di icona posta lungo la strada che
conduceva a Tessano e oltre, attestata su un documento notarile di fine
Cinquecento. Nel 1591 i Francescani fondarono il monasterium – poi
romitorio – ampliando forse un'antica cappella o chiesetta con la stessa
insegna liturgica; c) al tempo della seconda (e più intensa) ondata di
monaci iconoduli provenienti dall'Oriente, la località S. Maria, per la
sua localizzazione prossima al centro abitato e alla via Popilia,
contrariamente al versante opposto del crinale, dovette risultare poco
adatta per ospitare uomini che anelavano alla pace e al silenzio,
lontano dalle tentazioni e dai rumori del mondo.
[1] A. Scarcello, Laurignano...cit., in particolare le pp. 59-66
[2] Di questi Registri si ignorava addirittura l'esistenza. Padre M.
Spagnolo, nel lontano 1978, scriveva amaramente: «L'Archivio
parrocchiale – c'informa una relazione del p. Francesco Saverio dei SS.
Cuori C. P. del 6 giugno 1957 – andò distrutto da un incendio,
probabilmente nel gennaio del 1895. E così siamo rimasti privi dei
preziosi documenti che avrebbero potuto far luce su tante vicende» (M.
Spagnolo, Il culto di Maria SS. ma della Catena in Laurignano, Cosenza
1978, p. 21). Fortunatamente non è andata così. Detti Registri sono
conservati presso l'Archivio di Stato di Cosenza e, sebbene presentino
qualche vuoto, essi ci consentono di attingere una notevole quantità di
notizie inedite su Laurignano durante il periodo 1653-1830.
[3] M. Spagnolo, Il culto di Maria SS. ma della Catena in Laurignano,
Cosenza 1978, p. 45
[4] Nel 1854 Fra' Benedetto ottenne dal Ministero e Real Segreteria di
Stato degli Affari Ecclesiastici e della Pubblica Istruzione, il
"sovrano" beneplacito circa «il mutamento del titolo della chiesetta». (ASCS,
Affari Ecclesiastici, Restauri e costruzioni chiese, b. 47, f. 15)
[5] V. Padula, Storia della portentosa Immagine di nostra Donna Maria
della Catena nell'Eremitaggio di Laurignano nell'Arcidiocesi di Cosenza,
Cosenza 1890, p. 22
[6] M. Spagnolo, Il culto di Maria SS. ma della Catena...cit., p. 28
[7] Qui di seguito riportiamo le tappe salienti che hanno scandito il
culto della Madonna di Laurignano contenute nella narrazione leggendaria
del Padula: a) l'anno 1301 il mendico cieco Simone Adami riacquista la
vista dopo essersi lavato nella fonte indicatagli in sogno da una
Signora; in un boschetto vicino viene rinvenuta una sacra effigie della
Madonna; b) nel 1351 un monaco florense di Mendicino, un tale P.
Arcangelo, porta a Roma la miracolosa Immagine per farla restaurare.
L'Immagine ritorna a Laurignano dopo un viaggio avventuroso in mare; d)
nel 1363 il quadro si eclissa per ricomparire nel 1431, illeso, tra le
fiamme di un roveto; e) alla morte di un certo Fra' Cassiano, nel 1471,
il quadro scompare ancora per riapparire, dopo secoli di oblio, intorno
al 1833, grazie alle apparizioni notturne e miracolose di Fra' Benedetto
Falcone.
[8] M. Spagnolo, Il culto di Maria SS. ma della Catena... cit., p. 28
[9] C. De Monte, Il culto della Madonna della Catena. Una doverosa
precisazione, articolo apparso sul Bollettino del Santuario di
Laurignano, anno LXXII – n. 1 gennaio/febbraio 2002, p. 16
[10] Ci riferiamo a quanto pubblicato dal P. Eugenio Passionista, Maria
SS.ma della Catena – Cenni storici sul Santuario di Laurignano, Cosenza
1933; E. Barillaro, Calabria - Guida artistica e archeologica, Cosenza
1972, alla voce Laurignano; M. Spagnolo, Il culto di Maria SS. ma della
Catena in Laurignano, Cosenza 1978; F. Rizza, Il Santuario di Laurignano,
da umile romitorio a basilica minore, in «Calabria Letteraria», anno
1983, nn. 10-12, pp. 199-121; R. Liberti, Il culto della Madonna della
Catena nell'Italia meridionale, Cosenza 1996; R. Liberti, R. Liberti, Il
culto della Madonna della Catena in Calabria dalle origini al ‘500, in
Calabria Letteraria, anno XLVIII nn. 4-5-6, Aprile-Maggio-Giugno 2000,
Soveria Mannelli 2000.
[11] F. Russo, Storia della Chiesa in Calabria dalle origini al Concilio
di Trento, Soveria Mannelli 1982, vol. II, p. 416; dello stesso autore,
Storia della Arcidiocesi di Cosenza, Napoli 1958, p. 99, nota 115
[12] F. Russo, Storia della Arcidiocesi...cit., p. 122
[13] Il Russo (Storia della Chiesa in Calabria dalle origini al Concilio
di Trento, Soveria Mannelli 1982, vol. II, p. 656, nota 11) si è
limitato a riprendere quanto pubblicato dai PP. Passionisti Eugenio e M.
Spagnolo, i quali, a loro volta, hanno attinto dalla narrazione del
Padula.
[14] F. Russo, Gioacchino da Fiore e le fondazioni Florensi in Calabria,
Napoli 1959
[15] C. Baraut, Per la storia dei monasteri Florensi, in «Benedictina»,
anno 1950, fasc. IV, pp. 241-268
[16] P. De Leo (a cura di), Documenti Florensi. Abbazia di S. Giovanni
in Fiore, in Codice diplomatico della Calabria, serie I, tomo II,
Soveria Mannelli 2001, pp. 97-107
[17] R. Liberti, Il culto della Madonna della Catena nell'Italia
meridionale...cit., p. 9
[18] Ibidem, p. 10
[19] ADCS, Libro delle Sacre Visite. anno 1684
[20] M. Spagnolo, Il culto di Maria SS. ma della Catena...cit., p. 44
[21] Ibidem, pp.44-45
[22] ASCS, Registri parrocchiali di S. Oliverio Martire. Liber
Emortualium in particolare.
[23] ASCS, notaio Maugeri, anno 1591, sch. 21-24
[24] L. Intrieri, Le Confraternite della parte ANTICA della diocesi di
Cosenza, in Le Confraternite religiose in Calabria e nel Mezzogiorno, a
cura di M. Mariotti – V. Teti – A. Tripodi, Atti del convegno svoltosi a
S. Nicola da Crissa il 16-18 ottobre 1992, Vibo Valentia 1992, vol. I,
p. 332, ci segnala un dattiloscritto di padre Francesco Russo, Le
Confraternite della Calabria, p. 169
[25] ASCS, notaio Maugeri, anno 1591, sch. 21-24
[26] ASCS, notaio Del Giudice, anno 1590, sch. 36
[27] C. De Monte, Il culto della Madonna della Catena...cit., p. 16
[28] J. Le Goff, Il cielo sceso in terra. Le radici medievali
dell’Europa, Bari 2004, p. 60
[29] Ibidem, p. 87
[30] C. De Monte, Il culto della Madonna della Catena...cit., p. 16
[31] ASCS, notaio Plantedi, anno 1590, sch. 49
[32] Ibidem
[33] A. Scarcello, Laurignano...cit., p. 62
[34] V. Teti, Reliquie e culto dei santi nella Certosa di Serra San
Bruno, a cura di T. Ceravolo – V. Teti, Centro Antropologie e
Letterature del Mediterraneo – Dipartimento di Filologia Unical, Vibo
Valentia 2000, p. 110
[35] C. De Monte, Il culto della Madonna della Catena...cit., p. 16
[36] GDE Utet, alla voce Assunzione, vol. II, Torino 1993, p. 446
[37] M. Spagnolo, Il culto di Maria SS. ma della Catena...cit., p. 145
[38] Si veda anche S. Napolitano, La storia assente. Territorio,
comunità, poteri locali nella Calabria nord-occidentale (XV-XVIII
secolo), Soveria Mannelli 2003, p. 52
[39] Ibidem, p. 130
[40] Cfr. A. Scarcello, Laurignano...cit., p. 107
[41] J. Le Goff, Il cielo sceso in terra. Le radici medievali
dell’Europa, Bari 2004, pp. 99-101
[42] F. Russo, Storia della Chiesa in Calabria dalle origini al Concilio
di Trento, Soveria Mannelli 1982, vol. II, p. 458. Sulla devozione di
Gioacchino verso la Madonna, si rimanda a V. Ferrara, Maria e la Chiesa
in Dante e in Gioacchino da Fiore, Roma 1965; G. Penco, Maria modello
della vita contemplativa secondo Gioacchino da Fiore, in «Benedictina»,
1967, pp. 51-56
[43] A. M. Adorisio, Contributo alla storia degli Studi Gioachimiti:
Costantino Gaetani O.S.B. (1560-1650) e la documentazione da lui
raccolta, in Atti del II Congresso internazionale di Studi Gioachimiti,
a cura di A. Crocco, Napoli 1986, p. 310
[44] G. Marchese, La Badia di Sambucina. Saggio storico sul movimento
cistercense nel Mezzogiorno d'Italia, Lecce 1932, p. 85 nota 1
[45] J. Le Goff, Il cielo sceso in terra...cit., p. 100
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