Guida di Dipignano

di Antonio Scarcello

Paesaggio 

Dipignano è un piccolo centro rurale a sud di Cosenza, nell’alta Valle del Crati. Il nucleo principale dell’abitato dista 12 km circa dal capoluogo bruzio, e sorge sulla dorsale collinare interna della catena costiera paolana. Il territorio comunale si estende su una superficie di 23,19 kmq, ed è delimitato a est dal torrente Jassa, che funge da linea divisoria con i territori di Donnici e Paterno; sul versante nord-ovest il fiume Busento segna la demarcazione naturale con i comuni di Cosenza, Carolei e Domanico; a sud confina con il territorio di Paterno Calabro e con la strada provinciale per Potame. Il clima è influenzato da un’escursione altimetrica oscillante tra i 300 ed i 1000 metri slm, con inverni rigidi ed estati calde ma temperate dalla frescura delle zone collinari e montane. La vegetazione è tipica delle fasce fitoclimatiche del lauretum e castanetum, con prevalenza, nella zona bassa, di ulivi, querce, lecci, viti e varie specie di latifoglie; nella fascia medio-alta prevalgono i boschi cedui, aghifoglie e conifere. L’intero territorio dipignanese è caratterizzato da una morfologia variegata e irregolare, con un’alternanza ininterrotta di dirupi accidentati e avvallamenti, strapiombi rocciosi e canaloni profondi, dolci declivi e panoramici terrazzamenti che rendono discontinuo il paesaggio agrario. Nell’avvicendarsi delle stagioni queste sue peculiarità, in armoniosa combinazione con gli elementi naturali, offrono all’occhio del visitatore uno spettacolo di rara bellezza e suggestione.

Centri abitati

La popolazione attuale di Dipignano consta di 4.400 abitanti circa, distribuiti tra Dipignano centro, le frazioni Laurignano e Tessano, numerose contrade e rioni. Laurignano, sede del rinomato Santuario della Madonna della Catena, è divenuta negli ultimi decenni il centro urbano maggiormente popolato, grazie alla vicinanza con la città (dista soltanto 3 km da Cosenza) e al conseguente apporto di numerosi nuclei familiari non autoctoni. Salendo lungo la strada provinciale, a metà strada tra Laurignano e Dipignano s’incontra Tessano, il più piccolo dei tre centri. Inerpicandosi tra fitti boschi di pini e castagni, oltrepassato il cimitero, in località Cappuccini, si giunge a Dipignano centro. Contrade e rioni variamente popolati fanno da corona ai nuclei urbani principali. Tra questi Molino Irto, Granci, S. Janni, Petruni, Giudecca, Profenna (Laurignano), Pulsano e Serra (Tessano), Cappuccini, Capocasale, Serritani, S. Maria, Basso, Brunetta (Dipignano), repertori toponomastici di epoche diverse, il cui significato etimologico è evocativo del lento e faticoso processo di antropizzazione e d’incivilimento dipanatosi sul territorio nel corso dei secoli. Nelle antiche contrade dipignanesi e nei soggetti dinamici della microstoria i centri storici, le emergenze architettoniche, i corsi d’acqua, la viabilità primaria e secondaria, la toponomastica sono custodite le stimmate di un’identità culturale secolare, che ha scandito tante vicende umane e il senso profondo dell’appartenenza, le stagioni politiche e dei regimi, le attività artigianali e proto-industriali, le dinamiche cultuali e religiosi, i fermenti economici e sociali

Storia (fondazione, luoghi)

Il territorio di Dipignano ha conosciuto una precoce antropizzazione. La prima testimonianza di un insediamento umano di etnia, lingua e provenienza sconosciute rimonta infatti al periodo Eneolitico, come ci conferma il corpus di reperti archeologici – frammenti di vasellame, crani e corpi inumati, resti ossei di sepolture plurime e reperti fittili – rinvenuto in un anfratto roccioso della località Profenna adibito per scopi funerari. Ma è con l’avvento di Roma nel Bruzio che, presumibilmente, cominciarono a formarsi i primi nuclei abitativi. Con l’apertura al traffico della via Popilia (132 a.C.), la consolare romana che attraversava il territorio di Dipignano per poi snodarsi in altri territori fino a Reggio Calabria, i conquistatori romani plasmarono il paesaggio agrario attraverso insediamenti rurali, ville, semplici case coloniche, stimolando il raggruppamento in chiave urbanistica delle minuscole cellule abitative rurali sparse sulle alture lungo il tracciato del cursus publicus e sui rilievi collinari a ridosso dello Jassa. Questa sorta di “romanizzazione” invasiva dell’ager Consentinus, specialmente in età augustea e a seguito della pax romana, favorì la diffusione capillare dei praedia, poderi agricoli assegnati ai veterani che finivano quasi sempre per assumere il nome del proprietario (in genere il suo gentilizio) con l’aggiunta di un suffisso aggettivale –(i)anus/m, indicante appunto l’appartenenza. I toponimi Laurign-ano, Tess-ano, Dipign-ano, Rogli-ano, Scigli-ano, Carpanz-ano (antroponimi prediali) ubicati a sud di Cosenza, sono databili appunto al periodo romano, come ci informano studiosi del calibro di Barrio, Rohlfs, Alessio, Schulze, Russo, Givigliano. Nei secoli successivi alla conquista di Roma il tessuto urbano dei primitivi villaggi si è via via modellato secondo gli schemi topografici e le tipologie costruttive imposti dai nuovi conquistatori. Il centro storico di Laurignano, per esempio, a partire dal XII-XIII secolo, sotto la dominazione normanno-sveva, si è sviluppato ricalcando lo schema classico dell’incastellamento studiato da Toubert. Per l’epoca feudale le fonti ci danno notizia di numerosi funzionari regi che rappresentavano la Corona nelle contrade dipignanesi. Tra gli altri figurano attestati Riccardo, Pagano e Tarsitano di Dipignano, «Michaelis de Gemmitanis imperialis iudicis Dipiniani», Ugolotta e Arnone di Laurignano, Iacob di Tessano. In età normanna le università di Dipignano e Tessano, sotto la cui giurisdizione ricadeva anche Laurignano, unitamente alle università dei casali intorno alla città si aggregarono alla più grande Universitas Casalium, facente capo a Cosenza. La dominazione angioino-aragonese fu per Dipignano e il suo circondario un periodo nefasto, a causa della rapacità del fisco e delle condizioni miserevoli in cui versavano i ceti meno abbienti. Un spia sicura di questo andazzo negativo è rappresentata dalla curva demografica: nel 1276 Dipignano aveva 1.515 abitanti censiti, mentre Laurignano e Tessano ne contavano 1.215. Intorno al 1442, a distanza di meno di due secoli, da un documento conservato presso il British Meseum di Londra, rileviamo che detta curva tendeva drammaticamente verso il basso: Laurignano e Tessano contavano 87 fuochi (nuclei familiari pari a 4,5 persone di media); Dipignano centro e le contrade Li Viciusi, Maristano, Le Porchiacche, Petrune, Le Pruneta, Capo Casale, Sancta Maria, La Motta sommavano insieme la miseria di 174 fuochi. Tra il XIII ed il XIV secolo le baglive di Dipignano e Tessano rimasero infeudate alla potente famiglia luzzese dei Firrao. Nel 1596, con i Viceré spagnoli alla guida del Regno napoletano, i casali di Dipignano, Tessano ed altri furono costretti a sborsare 40 mila ducati per riscattare il diritto di rimanere nel Regio Demanio. Ma così non avvenne nel 1644, quando il tentativo di vendita al Granduca di Toscana andò a buon fine. Tra il XVI ed il XVIII secolo, la frequentazione delle nobili famiglie del patriziato cosentino nelle contrade dipignanesi fu piuttosto assidua. Numerosi atti notarili ci informano che i Telesio, i Sersale, i De Matera, i Parisio, i Castiglion Morelli ed altri ancora, effettuavano operazioni di compravendita di terreni ed altri beni materiali con i possidenti locali. Agli Spagnoli seguirono gli Austriaci e poi i Borboni, i quali, con due decreti emanati il 19 dicembre 1807 e il 4 maggio 1811, riordinarono l’assetto amministrativo assegnando Tessano e Laurignano a Dipignano, divenuta nel frattempo capoluogo di Governo e, successivamente, Circondario. A partire da queste due date i tre centri condivisero un destino comune, sia pure con peculiarità proprie.

Artigianato/Economia

Dipignano è la terra dei calderai (quadarari) e dell’antica e nobile tradizione “ramara”. Riguardo alle origini di quest’arte Eugenio Maria Gallo, attento studioso locale, scrive: «l’attività calderaia nacque in Dipignano per soddisfare le esigenze della pastorizia dipignanese e le richieste di vasi e caccavi per il latte ed il formaggio, prodotti dai contadini del Casale. Solo in un secondo momento, subito dopo il Mille, quando se ne scoprì l’alta fonte redditizia, dovette praticarsi con maggiore intensità, fino a diventare la prevalente attività del luogo». La categoria dei quadarari era divisa in “maestri di bottega” e “maestri ambulanti”. L’attribuzione della qualifica era legata alla perizia con cui si maneggiava il rame. I primi modellavano la materia prima con la tecnica “a sbalzo”, e producevano oggetti utili per la casa; i secondi erano dediti allo smercio dei prodotti finiti e alla riparazione. I calderai dipignanesi sono stati viaggiatori ante litteram, precursori di un nomadismo che avevano innato. S’incamminavano per luoghi lontani, spesso oltre i confini regionali, per vendere le mercanzie prodotte e per “stagnare” gli oggetti precedentemente smerciati. Nel loro incessante girovagare dialogavano tra di loro parlando l’Ammâšcânte, un misterioso idioma gergale incomprensibile agli estranei ma assai efficace come forma di autotutela. Se l’artigianato del rame ha svolto in passato un ruolo importante, non v’è dubbio che la base principale dell’economia dipignanese è stata da sempre l’agricoltura, con tutto il corollario di attività ad essa connesse: olivicoltura e produzione di olio, vino, fichi, castagne, legumi, prodotti dell’orto, frutteti, frumento ed una vasta gamma di prodotti cerealicoli. Assai fiorente, tra il XVI ed il XIX secolo, la sericoltura e quindi l’allevamento del baco da seta (’u siricu), con lo smercio dei bozzoli grezzi nei mercati cittadini. Non meno importanti le attività proto-industriali come la molitura, l’estrazione e la lavorazione della pietra (le cave di Mendicino e Laurignano hanno fornito il tufo utilizzato per la costruzione del castello cosentino), l’allevamento degli ovini e dei suini. Particolarmente significativa, infine, la maestria degli scalpellini tessanesi, protagonisti di una tradizione lapicida secolare al servizio dell’edilizia locale e del circondario. Dipignano e le sue contrade, rappresentano oggi un polo gastronomico di eccellenza, grazie alla presenza di numerosi ristoranti tipici (“Cielo di rame”, “Tarì”, “Liviù”, “White Horse”, “La Petilia”, “Osteria dei Poeti”, “Pagi”, Dal Cugino”) sale ricevimenti (“Taormina” e “Desa-Catena”) e strutture agrituristiche all’avanguardia (“Foresta Sottana”, “Piano di Pero”, “Agri-Cultura”). Di eccellente qualità, infine, prodotti come il pan di Spagna di Dipignano, il pane casereccio di Laurignano e, soprattutto, il rinomatissimo pane di Tessano, la cui fama di fragranza e bontà è ben nota in tutta la provincia cosentina.

Chiese e Monumenti (Dipignano centro)

Chiesa di S. Nicola Blandifori

Si trova al centro del paese ed è la chiesa più grande di Dipignano. Il primo documento in cui si fa menzione della «parrocchiali ecclesie S. Nicolai de Bandiforiis de Dipignano» è datato 4 dicembre 1429, pubblicato nel Regesto Vaticano per la Calabria, ma è probabile che la costruzione di questo edificio sacro rimonti ad epoche precedenti. I numerosi rimaneggiamenti e interventi di restauro operati nel tempo rendono difficile l’identificazione dello stile architettonico originario. L’interno è a pianta basilicale, con tre navate che richiamano moduli architettonici barocchi, con linee maestose e arcate di timbro rinascimentale. Gli affreschi del coro e del presbiterio, datati 1863, raffigurano la contesa tra S. Nicola e Ario. L’opera di maggior pregio è senza dubbio la tela dell’Immacolata, dipinta da Raffaele Aloisio nel 1850.

Chiesa di S. Maria Assunta

La chiesa è ubicata nell’omonima contrada, isolata e attorniata da case sparse, alla fine di una stretta e antica via. È ad una sola navata, ed è documentata la prima volta in un documento datato 25 gennaio 1413, con l’appellativo di “Scalzaporri”. Nel 1538, accanto al nome di questa chiesa, legato a questioni economiche, compare un personaggio di assoluto rilievo nel panorama culturale coevo: Bernardino Telesio. L’interno della chiesa è arricchito da opere d’arte di notevole valore artistico. Tra queste la tela dell’Assunta, di gusto tizianesco, databile forse al Settecento; una Sacra Famiglia «di compiaciuto stampo manieristico fiorentino»; un organo settecentesco, ben decorato, e un crocifisso ligneo mutilo ma di notevole forza espressiva.
 

Santuario o Convento dell’Ecce Homo

Sorge nel quartiere Riforma, un toponimo legato all’Ordine religioso dei Padri Minori Riformati, fondatori del sacro edificio. La prima testimonianza documentaria è del 1530, ma è probabile che la struttura sia stata eretta tra il XIV ed il XV secolo. Il convento dell’Ecce Homo, come nella tradizione francescana, è ubicato a poche centinaia di metri dal centro abitato, cioè ad una distanza tale da consentire ai fratres di vivere a contatto con la natura e appartati dal mondo, senza tuttavia tralasciare la vicinanza con il popolo dei fedeli. Numerose le opere d’arte custodite al suo interno. La più famosa è senza dubbio la statua lignea raffigurante l’Ecce Homo, scolpita tra il 1622 e il 1633 e ritenuta miracolosa. Di indiscusso pregio artistico, tale scultura viene attribuita a frate Umile da Petralia, ma è forse da ricondurre alla mano artistica di frate Angelo da Pietrafitta.

Altre chiese di Dipignano

S. Ippolito, Chiesa dell’Immacolata, S. Felice, Chiesa dello Spirito Santo, S. Pietro, Chiesa della Cona.

Chiese di Tessano

San Francesco Saverio

Eretta probabilmente nel XVIII secolo, la chiesa parrocchiale di San Francesco Saverio è ubicata nel centro storico di Tessano. Si presenta con un bellissimo portale in pietra tufacea finemente scolpito. L’interno è a forma rettangolare, a navata unica, con volta ribassata. Due gli affreschi sulle parenti interne: la Decapitazione di San Giovanni Battista e San Francesco Saverio nelle vesti di evangelizzatore.

Altre chiese di Tessano

S. Maria Assunta, San Mauro Abate

Chiese di Laurignano

Santuario di Maria SS.ma della Catena

Il Santuario/Basilica della Madonna della Catena di Laurignano sorge su una collina panoramica dalla quale, allungando lo sguardo, si domina la città di Cosenza, i comuni pedemontani della fascia presilana e l’ampia vallata del Crati, per decine di chilometri. La posa della prima pietra risale ai primissimi anni ’50 del XIX secolo, grazie all’intraprendenza di Fra Benedetto Falcone, un pio Eremita insediatosi nel contado laurignanese intorno al 1832. Nel 1854 Fra Benedetto ottenne dal Ministero e Real Segreteria di Stato degli Affari Ecclesiastici, il "sovrano" beneplacito per il mutamento dell’appellativo liturgico della chiesetta, dall’Assunta al definitivo “della Catena”. Alla morte di Fra Benedetto (1866) il Santuario cadde in disgrazia, ma dal 1906 la sua stella tornò a risplendere. L’allora presule cosentino, Camillo Sorgente, chiamò a reggerne le sorti i Padri Passionisti, gli eredi di S. Paolo della Croce noti per la stretta osservanza e per il rigore. A partire da questa data, la devozione per la Madonna e la fama del Santuario si sono progressivamente accresciuti, senza soluzione di continuità. L’attuale struttura, ampliata a partire dal 1929, nei locali annessi può ospitare gruppi di fedeli per gli esercizi ed i Ritiri spirituali. Nel 1966 papa Paolo VI conferì al Santuario il titolo di “Basilica Minore”. L’interno è a navata unica e conserva vari affreschi dell’artista Lucillo Grassi. Ma le opere di maggior pregio sono: una Madonna col Bambino, pregevole statua lignea del Quattrocento, e il quadro della Vergine SS.ma della Catena, attribuito ad Andrea Sabbatini detto da Salerno (1484-1530). La festa in onore di Maria SS.ma della Catena si celebra l’ottava dopo Pasqua.

Chiesa di S. Oliverio Martire

È da sempre la chiesa parrocchiale di Laurignano, nel centro storico del paese. Le prime testimonianze d’archivio di questo culto (Sanctus Laberius e Sanctum Laverium, attestate nel Regesto Vaticano per la Calabria) rimontano al 1413. Ma riguardo alla vita di questo Santo martire, alle origini del suo culto e su come sia pervenuto a Laurignano non si hanno notizie sicure. La chiesa è a navata unica, con un portale in tufo finemente scolpito e sormontato da un leone rampante. Al suo interno conserva un fonte battesimale (XVI sec.) di notevole pregio, ma che andrebbe restituito all’antico splendore; una statua di S. Lucia, venerata da secoli, e una di S. Oliverio di buona fattura. I festeggiamenti in onore del Santo Patrono si celebrano il 19 novembre.
 

Romitorio di S. Maria Assunta

Costruito sul finire del Cinquecento dai frati francescani Conventuali di Castrovillari, l’antico monasterium di S. Maria Assunta sorge in località la Stozza, luogo in cui la tradizione fa risalire la nascita e il radicamento del primigenio culto mariano a Laurignano. Dal XVII secolo e fino alla Rivoluzione Francese (1789) il romitorio ha ospitato una piccola comunità di religiosi Eremiti. A distanza di qualche decennio (intorno al 1832), vi si stabilì Fra Benedetto Falcone, il quale si giunse nel contado laurignanese a seguito del fratello, che all’epoca era parroco di S. Oliverio. Ancora oggi i fedeli laurignanesi, in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna della Catena, per mantenere in vita un’antica tradizione, vi si recano in processione.

Personaggi illustri
 

Cusina di Dipignano

Cusina di Filippo de Pastino, “caldararo” di Dipignano, è stata una delle prime donne medico di Cosenza e dintorni e dell’intera Calabria Citra. Un diploma di età angioina, datato 22 marzo 1404, ci informa che le venne rinnovata l’abilitazione, concessale precedentemente dal re Ladislao, di esercitare la chirurgia nella città di Cosenza e nel suo distretto. Non potendosi recare alla Regia Curia, Cusina di Dipignano sostenne l’esame dinanzi al maestro Benedetto di Roma, giudeo e fisico, dimorante a Cosenza, il quale ne esaminò accuratamente le capacità. Dopo di che essa poté esercitare la medicina.

Margherita Conchi di Laurignano

La badessa Cistercense Margherita Conchi di Laurignano fu certamente un personaggio di spicco nella gerarchia ecclesiastica femminile del tardo Quattrocento cosentino. Nominata alla guida del monastero di S. Maria della Motta, il 16 giugno 1465, a seguito alla morte di Caterina di Castiglione, vi rimase fino al 1491, quando papa Innocenzo VIII dette incarico all'abate di S. Giovanni in Fiore di sostituirla per raggiunti limiti di età (80 anni!).

Frate Francesco da Dipignano

Religioso di grande statura morale e di vastissima cultura, dotato di un eloquio spigliato ed efficace, frate Francesco da Dipignano si addottorò a Parigi e, insieme a Ludovico Cumi da Reggio e Bernardo Molizzi, dette vita ad un sodalizio che sin dal 1518 prese a cuore il movimento riformistico calabrese, sia pure attraverso mille tribolazioni. Essendo egli un celebre predicatore si recò a Roma in compagnia di frate Ludovico – iniziatore della riforma cappuccina in Calabria – per sostenere presso la Curia Pontificia la piena autonomia del nuovo Ordine dagli Osservanti e per perorare la causa dei primi Cappuccini. Secondo fonti incerte, il convento dei Cappuccini di Dipignano sarebbe stato fondato dallo stesso Ludovico da Reggio (1533) per ripagare con un gesto di generosità frate Francesco, suo valente e fedelissimo compagno di viaggio.
 

Pasquale Rossi (1867-1905)

Medico “dei poveri” e sociologo di fama internazionale, Pasquale Rossi trascorse lunghi periodi della sua breve vita nella quiete della “sua” Tessano, dove concluse la giornata terrena il pomeriggio del 23 settembre 1905. Tessano era per il Rossi il luogo dove «il verde cupo dei castani si confonde con lo smeraldo del cielo e dove il silenzio è alto e l’animo si eleva al sublime». L’animo della folla (1898) e Psicologia collettiva (1900) sono da annoverare tra le sue opere principali. Ricevette la laurea honoris causa dall’Università di Londra nonché l’inserimento del suo nome fra i membri del prestigioso Istituto Internazionale di Sociologia di Parigi. Non meno rilevante il suo impegno politico nelle fila del Partito Socialista e nel Consiglio comunale della città bruzia.

Altri personaggi illustri di Dipignano

Giovanni Albi, filosofo (secc. XVI-XVII); Giuseppe Marini Serra (1801-1860), Giureconsulto e patriota; Francesco Saverio Arabia (1821-1889), Deputato; Giuseppe Caruso e Bonaventura Mele (sec. XVI), letterati; Francesco Mele (1854-1919), Senatore del Regno. Ai moti risorgimentali parteciparono Carlo Antonio Barracco, Michele Carusi, Vincenzo De Laurentiis, Grazia de Prezi, Vincenzo Marini Serra e Giuseppe Mele (notizie tratte da S. Brich, Dipignano nel 1700. Aspetti sociali ed economici).